A mio padre

Se lo ricordava ancora a distanza di tutti quegli anni ormai passati quale fosse l’ultimo grande curvone prima di arrivare lassù, era quello dopo il convento; 

Era l’ultimo di una serie infinita di curve che portava all’ingresso del paesino dei suoi nonni. 

Quante volte aveva percorso quella strada di ritorno dal mare di Capo d’Orlando o da Milano fino a lì, in macchina con i suoi genitori, in macchina con i suoi zii e cugini. 

Quante estati della sua infanzia aveva trascorso nella terra che apparteneva a suo padre. 

Ora mentre era seduta su quell’auto che affrontava l’ultima svolta prima del paese, 

la sua testa era un vortice di ricordi e di sensazioni che sembravano ormai assopiti nella memoria e invece non riuscivano più a restare chiusi nel cassetto del passato e risalivano come un denso magma verso la luce. 

Ecco allora che le immagini scorrevano veloci nella sua mente come nella sequenza di una pellicola di un film e si vedeva lei bambina trascorrere le estati calde siciliane in quel paesino fiabesco, sospeso nel tempo: un insieme di case antiche o semplicemente vecchie che allo sguardo diventavano un unico blocco del colore della sabbia, che davano la sensazione di fragilità ma di fatto stavano lì da sempre a custodire la storia e i segreti dei suoi pochi abitanti le cui vite per un po’ di tempo si erano incrociate con la sua. 

Lì su, arroccato sulla collina, se lo ricordava così il paese che aveva dato i natali a suo padre con le sue salite e le sue discese, la piazza, il vecchio castello, il bar delle granite e delle brioche “col tuppo”. 

E adesso che erano passati così tanti anni e che si trovava all’ingresso del suo passato, provava tanta, troppa nostalgia per quei tempi ormai lontani: quanto si era sentita libera e sicura mentre correva tra le bancarelle della festa che vendevano la calia e le caramelle zuccherate, rosa, verdi e bianche che non ha mai più trovato da nessun’altra parte perché appartenevano solo a quel momento e a quel luogo. 

E si ricordava di quando rientrata dal mare con la pelle che bruciava di salsedine, si fermava alla fontanella della piazza per dissetarsi prima della discesa, una strada di acciottolato ripida che portava alla villetta dei nonni. 

E poi c’era il caldo, il caldo della Sicilia, il suo sole miracoloso e magnifico, la sua terra. Non poteva non essere felice; sarà stata anche la sua giovane età ma il sentire era quello, solo quello che la conduceva, appunto, dritta verso la felicità. 

Ed ora si trovava lì a due passi dal cancello della casa dei suoi amati nonni ormai scomparsi e per un attimo se li è immaginati ancora vivi, come se il tempo fosse tornato indietro all’improvviso: ed ecco la nonna che corre indaffarata su e giù dalle scale e il nonno che, seduto sulla terrazza, immerge con una pinzetta i francobolli in una bacinella di acqua per togliere l’ultima colla che li tiene legati alla carta. 

Ancora altre mille immagini le ritornavano alla mente, il profumo del pane di Calió, il latte caldo lasciato fuori dalla porta dall’ “omino del latte” al calare della sera, il suono delle risate delle sorelle della nonna sulla terrazza che venivano a far visita quando il sole aveva allentato la sua morsa, la Jeep inglese di suo zio con cui si scendeva al mare, la dolcezza della signora Angiolina, la vicina di casa dei nonni che si vestiva sempre di nero perché non aveva mai smesso di essere in lutto per il proprio marito, le isole Eolie che si scorgevano in lontananza così ben definite, l’Etna dalla parte opposta dove cominciavano le montagne e altri numerosi ritratti che resteranno per sempre impressi nella sua memoria e di cui sarà custode fino alla fine dei suoi giorni. 

Autore: Laura Elisabetta Benedetto

Dipinto: Mario Occhipinti olio su cartoncino cm. 30×40