Era un lento e pigro sabato pomeriggio di un tiepido maggio e stavo andando con papà dai nonni. Non ero molto entusiasta, non avevo nulla da fare lì. Abitavano in centro, in una viuzza molto stretta e la casa non mi piaceva. Era angusta, buia, gli unici punti luce erano il balcone della stanza da letto al primo piano e quello piccolo ad incasso della cucina al pianterreno; ambiente riservato a noi nipoti durante le rumorose mangiate a Natale e Pasqua. Papà, come al solito, si sarebbe messo a parlare con nonno Giuseppe del tempo, della campagna, delle tasse e io sarei rimasta seduta su una delle quattro massicce sedie di colore bruno del soggiorno ad aspettare che il tempo fluisse, fissando quella terribile carta da parati che mi attorniava da cui evaporava il puzzo stantio di sigarette. Se la casa non era accogliente, ai miei occhi lo era, invece, nonna Maria. Con il passare degli anni era diventata più affettuosa, dolce, appena mi vedeva mi chiamava “specciu miu!” (tesoro mio!) e mi dava due scroscianti baci sulle guance. Fu così anche quel pomeriggio, ignara che di lì a poco sarebbe accaduto un evento che avrebbe cambiato il corso della storia del mio Paese. Intanto che nonno e papà conversavano, la nonna aprì la credenza per prendere il portadolci di cristallo pieno di cioccolatini. All’improvviso, mentre con una mano teneva il coperchio del prezioso contenitore e con l’altra me lo porgeva, per farmi scegliere l’avvolgente delizia, la televisione interruppe le trasmissioni per un’edizione straordinaria del telegiornale. Le prime immagini erano caotiche, confuse, le voci si rincorrevano all’impazzata, si parlava di un attentato, di una bomba, di vittime, di feriti…Un’apocalisse! Gli adulti erano sconvolti, increduli, tutti e tre fissavano la tv inebetiti; avevano capito di chi si trattava, io no. Papà allora mi disse di sbrigarci, dovevamo tornare a casa, voleva seguire con attenzione la vicenda. Così, dopo aver salutato nonno Giuseppe, stavo abbracciando nonna Maria quando sullo schermo della tv comparve, in primo piano, quell’indelebile immagine della croma grigia ricoperta di terra e il cartello autostradale “Capaci”. Avevo solo 11 anni e quel giorno ero stata, mio malgrado, testimone inconsapevole di una storica mattanza.
Autore: Lorena Galfo
Dipinto: Mario Occhipinti