Mapà

Quando mi sono accorta di te, eri già come una nocciolina.

 Pesavi un grammo ed eri quindici centimetri. Avevi un aspetto umano, non eri più un embrione. Eri un feto e si stava formando il tuo cranio ma queste cose non le sapevo, le ho apprese negli anni a venire. Quando sei nata tu, non c’era nessuna ecografia per valutare le dimensioni del feto o la struttura della placenta o rilevarne il sesso.

Ho sentito che eri femmina. Ma prima ancora ho sentito un vuoto nello stomaco, un malessere generale con violenti conati notturni e che attribuivo al troppo studio: tre esami da preparare all’Università e studiavo notte e giorno. Volevo dare il meglio di me.

Invece eri tu che ti affacciavi alla vita e il mio corpo si stava adattando ad accoglierti.

Ho avuto paura.

Paura di mio padre, mia madre, di dove avrei trovato il coraggio  di annunciare la tua esistenza perché, contro la loro volontà, avevo deciso di sposarmi, con la promessa che, prima di mettere al mondo un figlio, mi sarei laureata.

Ho avuto paura di te che avresti stravolto la mia vita, anzi già stavi deviando il percorso che mi ero scelta. Ho avuto paura anche quando tuo padre, inseguendo un nuovo amore, ci abbandonò, con una indifferenza che non gli conoscevo.         

Gli anni a venire, mi hanno costretta a rinunce e sacrifici, ricompensate dalla tua presenza. Hai cambiato il mio percorso, ma hai dato un senso alla mia vita.

Oggi coronerai il tuo sogno d’amore col ragazzo che ami e sarò io, per tuo volere, ad accompagnarti all’altare, perché come dici tu sono la tua mamma papà, la tua mapà.

Autore: Maria Mollo

Dipinto: Mario occhipinti