Ragusa 17-03-2024
Oggi è il giorno del tuo compleanno, avresti compiuto 91 anni, ti immagino con un bastone, il viso solcato dalle rughe, la memoria vacillante, gli occhiali appoggiati sul naso
Non ci sei più da 18 anni, anche la mamma è morta da sette anni, devastata dal tumore.
Sono sola, per le ragioni che tu forse avevi già intuito ho lasciato mio marito, non riuscivo a vivere con un uomo che non era in grado di sostenere la sua famiglia, ho venduto la casa dove pensavo di essere felice, invece sono stata infelice.
Giulia non ha memoria di te, aveva solo tre anni.
Nicola, il ragazzino che frignava, è un uomo in cerca della sua strada, non ha dei ricordi, ha solo quello che la mamma gli raccontava; di certo che ti faceva arrabbiare, spesso la sera, quando tornavo avevi sempre il broncio.
Tu mai un rimprovero o una sberla, per quello ci pensava la mamma; aveva sempre da ridire sui miei comportamenti. Mi ricordo di te sempre malato, i medici parlavano di insufficienza renale, una malattia che ti ha colpito da ragazzo (scrivo e mi torna in mente che una volta siamo andati a Reggio Calabria da uno specialista, l’auto rimase in panne in mezzo all’acqua alta venti centimetri).
Piano piano la malattia si è fatta sempre più pressante fino ad arrivare alla dialisi, per vivere una vita accettabile, fino a quando il tuo corpo reggeva.
Mi stringeva il cuore vederti ridotto così, odiavo venire in ospedale, addossavo quella mia assenza al fatto che dovevo lavorare, che dovevo accudire i bambini, invece era solo pena nel vedere il tuo colorito pallido e la possibilità di perderti in qualsiasi momento.
Era il 26 febbraio, casa era un via vai di parenti e amici che accorrevano anche se tu ancora non eri morto. Tutti attorno al letto in attesa di… tu eri disteso non parlavi, la luce bassa, il tuo respiro affannoso e gli occhi del medico che parlavano più delle parole, non c’era più nulla da fare. La veglia, l’odore dei fiori (da quel giorno non ho più comprato fiori freschi) l’ipocrisia delle tue sorelle, l’inadeguatezza che ho provato di scegliere la bara, come se fossero un paio di scarpe.
Il corteo, lo sguardo della gente che aspettava una lacrima sul mio viso, le frasi di commemorazione di uomo devoto dette e ridette come una poesia a memoria.
Le lacrime arrivano dopo, l’assenza bruciava tutte le volte che ho deposto un fiore sulla tua tomba, con il rammarico negli occhi di non averti mai dato un abbraccio o un bacio; non siamo stati mai molto espansivi.
Un colpo al cuore la tua esumazione: la bara era solo un pezzo di legno vecchio e tu solo qualche osso, che hanno sistemato in una cella di latta di cinquanta centimetri.
Non leggerai mai queste mie parole, ma so di certo che in ogni momento importante sei accanto
a me.
Buon compleanno Papà
Autore: Maria Frasca
Dipinto: Adriana Iacono cm. 50×70 olio su tela