Natale con i tuoi

Lo scroscio dell’acqua mi calma e il viso si distende. Comincio a riconoscermi allo specchio. Poco fa mi sono comportata da pazza, e ancora mi ci sento mentre ti parlo, ma stavo bene, molto più di quando mi rifugio del ricordo di te. Oggi è la Vigilia di Natale. Le bambine sono rimaste nella loro stanza mentre mi occupavo di tutto. Ho preso la tovaglia rossa, i piatti buoni e i flute. Ho apparecchiato per sette. Saremo in sei a tavola. Ho apparecchiato anche per te papà, pensavo fosse la cosa giusta da fare. Ricordo il nostro ultimo Natale. Suonò il campanello. Vi aspettavamo, del resto come si dice “Natale con i tuoi…”. Mio fratello salì le scale a due a due. Tu ti reggevi sul corrimano dandoti la spinta, un passo lento alla volta. La mamma stava un gradino dietro a te. Sei arrivato affannato. Mi hai dato il cappotto e il basco e ti sei soffermato sulla tavola, era apparecchiata come stasera. Mi hai guardata e con gli occhi languidi mi hai chiesto un vasuzzu, affondando l’indice sulla tua guancia morbida. Mi sono alzata sulle punte e ti ho dato un bacio. Ero sicura che dietro i baffi brizzolati nascondessi un sorriso. Da bambina non te ne facevo mai mancare uno prima di andare a letto. Tu sedevi sulla sedia a sdraio rossa, che trovavi tanto comoda, anche se a me non sembrava. Ma, come per ogni cosa che usciva dalle tue labbra, per me era vero, e anche se crescendo capivo che potevi avere torto, accettavo tutto comunque, come un “vangelo secondo mio padre”. Tenevi in una mano il telecomando e con l’altra lisciavi i peli del baffo sulle labbra serrate. Mi avvicinavo per darti un bacio e anche tu ne davi uno, nell’aria. Un ultimo sguardo e poi sotto le coperte. Mentre mi assopivo sentivo la televisione e non temevo nulla: tu c’eri. C’eri sempre. Oggi quel posto resterà vuoto. 

Natale con i tuoi! Fanculo il Natale. Ho afferrato i piatti e li ho scaraventati a terra. Di fronte a me, l’albero di Natale ipocrita continuava a illuminare la stanza. Mi dava proprio fastidio. Natale con i tuoi! Fanculo il Natale. Ho strappato tutte le palline, i festoni innevati e le luci. Un’eccitazione mi scaldava il petto e non riuscivo a fermami. Ansimavo. Tu papà, intatto, dalla foto sulla mensola mi guardavi con il sorriso fiero di sempre, e io avevo ancora voglia di spaccare tutto. 

Ora mi sono nascosta in bagno. So qual è il problema. Ti sto perdendo, ancora. Ti cerco nella mia memoria ma confondo come eri davvero con ciò che di te voglio preservare e il risultato è un ricordo distorto. Con il cuore incrostato da lacrime secche vengo da te, conto duecentosette passi, ma fissare una lastra non mi basta per ammorbidire il dolore che ha trovato casa dentro di me.

Io non smetterò di cercarti nella mia memoria, tu, se puoi, vieni a trovarmi in sogno, giusto il tempo di un bacio e un abbraccio. 

Ora andrò di là. Chiederò alle bambine un vasuzzu affondando l’indice sulla guancia e anche se loro non sapranno cos’è, il mio gesto glielo farà capire e io non ti avrò perso del tutto. 

Autore: Maria Giovanna Fichera

Dipinto: Simone Favero