Un mercoledì sera andai a fare visita al nonno e mi portai il computer per poter guardare la partita della nostra amata Juve insieme. Quella sera lui era a letto al calduccio e non stava tanto bene, io ero seduto al suo fianco, gli stringevo forte la mano e lui per ringraziarmi, sorridendo, mi fissava con i suoi occhioni dolci e amorevoli… prego di non dimenticarli mai. Lui era questo: un concentrato di affetto e gratitudine all’interno di un vecchietto sempre profumato, con giacca e cravatta. Quanto amore ci ha riservato! Ogni volta che lo chiamavo, preso dall’emozione, inevitabilmente la sua voce iniziava a tremare e di questo se ne dispiaceva senza sapere invece che in quel momento mi rendeva il nipote più orgoglioso della terra. Lui amava la sua famiglia in maniera incondizionata con quella delicatezza ed eleganza tipica dell’uomo d’altri tempi: nelle foto di famiglia dimenticava spesso di sorridere perché la sua cultura gli ricordava di dover essere l’uomo tutto d’un pezzo, ma sappiamo bene che in quei momenti, lui era al settimo cielo e avrebbe voluto gridarlo al mondo. Inoltre penso che si ritenesse onorato di ricevere i nostri abbracci e i nostri baci: non ne ho la certezza ma so che quando gli davo un bel bacio sulla guancia lo rendevo fiero e allora immancabile mi sussurrava: “Franceschino mio bello”.
Fino agli ultimi giorni di malattia era lui che si chiedeva come poter aiutare le proprie figlie: mi è stato maestro di umiltà. Il nonno era tanto attaccato alla vita perché non voleva rinunciare neanche per un istante all’amore smisurato che primi fra tutti la moglie e i figli gli riservavano. Ma come dargli torto… del resto la vita è stupenda e merita di essere vissuta al massimo fino all’ultimo respiro, e lui di questo ne era convinto. Un giorno si addannava perché non stava per niente bene e io gli dissi: ma piuttosto di pensare al fatto che stai male, ci pensi come sono cresciuti bene i tuoi figli e come si stanno impegnando per prendersi cura di te? E lui mi rispose: “È la verità, nun mi puozzu lamentare, facissi peccato.”Anche se poi ha continuato a lamentarsi lo stesso. Poverino, solo lui sapeva il dolore che doveva patire.
Oggi il nonno Michele si è andato a nascondere dai nostri occhi.. e noi non smetteremo mai di cercarlo, nei nostri ricordi e nei nostri sogni. Caro nonnino, hai fatto ciò che ogni padre di famiglia dovrebbe fare per i propri cari: amarli con tutto se stesso. Ottimo lavoro nonno, ora non ti resta che guidarci lungo la nostra strada, certi della tua eterna benedizione. Stai tranquillo per la nonna, non la lasceremo da sola e la ameremo tantissimo come facevi tu, te lo promettiamo. Sai, mi mancherà tanto pranzare insieme a te, seduti sempre vicini, tu a capotavola e io al tuo fianco…entrambi onorati della nostra reciproca vicinanza, mi mancherai come l’aria.
Vivi nei nostri cuori, Ciao Don Michele Pace.
Autore: Francesco Cappello
Dipinto: Mario Occhipinti