Non so com’è, ma te ne sei andato o forse dovrei dire sei ritornato a casa, improvviso, sottovoce. Non so com’è, ma già mi manchi come quando dentro ad un inconsolabile pensiero che si nutre di musica e parole, materia e spirito, mi ritrovo al tempo in cui, tardo, ti incontrai insieme a mio padre, in un legame di naturale buonsenso.
Credo di averlo abbracciato la prima volta anche grazie a te.
Non che avessi qualcosa contro di lui, ma l’inquietudine della fanciullezza insieme alla timidezza della maturità, quel giorno, si fusero insieme, dopo trent’anni di onorata esistenza, nella magia di uno sguardo e di un abbraccio profondo. E mi ritrovai figlio.
Mi ascolto e, non so perché, quell’immagine si ripropone.
Ti ascolto e prego e sento di essere più solo, senza qualcuno con cui poter fare i conti la sera davanti la zuppa o la notte tra i fumi dell’insonnia coccolato da una melodia che è immagine divina scolpita tra armonie futuriste intrise dei racconti del Tempo.
Mi sei stato vicino in questi venti anni, e ancora di più, quando quell’abbraccio diventò l’ultimo in un giorno di maggio inzuppato da dio di dieci anni fa. Quella mattina al posto delle lacrime mi regalasti pace e un caldo bicchiere di vino rosso elevato in faccia alla vita che ci priva e ci riempie in un meccanismo eterno in cui ciò che è stato, accadrà.
Grazie a te ho imparato che la fatica mortale che ci appartiene non è descrivere la bellezza ma imparare a riconoscerla, votandosi, con disciplina, alle “cose altre” confidando nella natura divina che ci abita.
Un pensiero va a te Franco, a quello che è stato, a quello che inevitabile continuerà ad essere. Buon viaggio maestro, non so se incontrerai mio padre lassù, se puoi, abbraccialo anche per me.
Autore: Salvo Garipoli
Dipinto: Milena Nicosia