2 ottobre 1974
Gianna scendeva ogni mattina in spiaggia accompagnata da un codazzo di ragazzi che le raccontavano barzellette, lei rideva a crepapelle.
Silvio la seguiva con lo sguardo, ma non osava parlarle e detestava quei ragazzi che la tenevano sul piedistallo. Non avevano capito che servivano al suo gioco, non avevano capito che lei civettava parchè le piaceva essere desiderata.
Una volta, fattosi coraggio, l’aveva rimproverata e lei gli rise sul muso dicendogli che non doveva fregargliene niente perché era libera ed indipendente e suo padre era di idee moderne.
Amava vivere, soltanto vivere. Amava i rossi tramonti quando, abbracciata all’amore del giorno, li vedeva tingere di sangue le nuvole sparse.
Correva sulla spiaggia incontro al sole che moriva quasi volesse trattenerlo ancora un poco, come l’amante più bello. Il ragazzo che l’aveva tenuta abbracciata la guadava immobile sulla sabbia e la sentiva sfuggirgli, e la sentiva non appartenergli perché era di tanti altri, era di tutti, e non amava nessuno.
Certe volte, Gianna, la sera, andava sulla spiaggia lontana da tutti per restare sola a godersi la compagnia della sua solitudine.
È pazza!” dicevano i ragazzi “ed è anche una gran puttana!” ma Silvio li detestava.
Una sera che non tornò più dalla spiaggia. Tutti si diedero a cercarla, la trovarono all’alba che il mare l’aveva ridata. A nessuno importò sapere com’era stato, solo Silvio pianse il suo corpo inanimato, pianse tanto pensando che era stata una ragazza libera ed indipendente con un padre dalle idee moderne.
Autore: Giorgio Licitra
Dipinto Mario Occhipinti